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–Era la luce che si rifletteva nei suoi occhi. I fari rimbalzavano sulle sue retine facendole brillare. Era questo che vidi allora, o continuo a voler credere che sia stato così. La luce attorno alla sua silhouette era irreale, fatata. Ripensai immediatamente ad alcuni quadri che avevo visto di recente i cui corpi neri si stagliavano su di uno sfondo buio attraverso linee fluorescenti.
Quadri di un artista professionista, quadri che venivano venduti a 5.000 $ al trancio. Tutti uguali, come se nella ripetizione dello stesso concetto potessero mostrarsi aspetti diversi. Come se non fosse solo una maschera di chi non ha fantasia sufficiente a creare. Eppure quelle figure mi spiazzavano. Più volte sono tornato sul sito per individuare particolari rimasti inascoltati. Sapevo che c’erano; trovavo come un sfarfallio in quelle righe sgargianti. Semplici strisce colorate su un foglio nero mi mostravano nuove ed entusiasmanti realtà. Abbozzi di paesaggi di un grigio tanto scuro da confondersi con il fondale. Quell’uomo brillava allo stesso modo.
Il suo corpo copriva il faro dell’auto. C’era tutto quel viscido senso di estraneità. C’era quel manichino che colava tra le sue mani. E non una traccia di espressione. Solo gli occhi, le ciglia. Era pelato, come dovrebbe essere un qualunque pupazzo di plastica. Indossava un piumino, dei pantaloni, forse dei jeans e delle scarpe sportive. L’uomo stringeva tra le mani il cranio di quel coso addobbato per l’occasione. A pensarci bene ricordo di essere arrivato quando della poltiglia usciva già fuori dalla testa; ma al contempo mi pare di ricordare il viso e gli occhi del manichino. Lo so che questo non depone a mio favore, probabilmente sono ancora in stato confusionale.
Gli occhi dell’uomo brillarono per un attimo. Sentii come un gorgoglìo e poi vidi sul volto del manichino tracciarsi una riga netta che percorreva la sua fronte, saliva sul naso e ridiscendeva nella bocca aperta per riaffiorare poi dal labbro inferiore. Quindi venne il suono secco e lo scroscio improvviso. Pezzi del suo cranio sparsi.
Ricordo l’uomo sorridermi mentre i suoi occhi si spegnevano.
E lo giuro! Non c’era luce che potesse far brillare la pupilla a quel modo. Lui richiuse il suo sorriso fino a lasciarne visibile solo uno spiraglio. Dopodiché aprì la portiera e mi porse un’anguria che gli si sbriciolo in mano. La polpa rossa si mescolò al liquame viscido che aveva sulle dita.–
–Fu allora che disse quella frase?–
–Sì.–
–Può ripeterla per favore?–
–Disse, “è così rossa dentro.”–
–Aggiunse altro?–
–No, quante volte ve lo devo ripetere? Non disse altro; ora posso andare?–
–La dovremmo trattenere per questa notte.–
–Non lo avete trovato vero? C’ero solo io; io e quel manichino rotto.
Adesso posso sapere di cosa sono accusato?–
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